LE FALSE STRUMENTALI ACCUSE COME RISORSA ESTORSIVA E SOCIALMENTE DISTRUTTIVA, PIÙ VOLTE PATITE IN 40 ANNI…

By | 2 Agosto 2025

L’uso ed abuso degli strumenti militari di polizia e d’intelligence per “interdire” un soggetto considerato ostile, è una pratica assai diffusa nel momento in cui il soggetto stesso si pone contro un andazzo oppure un più strutturato sistema vigente in qualche ufficio o apparato dello Stato, in chiaro o parallelo.

Dopo il riduzionismo, il demansionamento, il mobbing, la depersonalizzazione, la banalizzazione delle qualità e delle competenze, scatta l’azione informativa prima sotto forma di “segnalazioni” poi come vere e proprie denunce nella maggior parte dei casi fatte a tavolino in orario ministeriale, ovvero senza una fisica parte offesa ma il tutto è incorniciato in un atto dovuto oppure a procedibilità d’ufficio.

Una falsa accusa dona l’immediata soddisfazione a chi la genera perchè colpisce subito il malcapitato, il quale impiegherà degli anni prima di dimostrare la sua innocenza o quando il procedimento penale sarà archiviato per l’infondatezza della notizia di reato ma, nel corso del tempo trascorso, la notizia si divulgherà e la diffidenza sarà ben coltivata fino al pregiudizio vero e proprio con tutte le significative conseguenze, non solo in ambito lavorativo ma, anche, sociale e talvolta relazionale.

Nella genesi delle false accuse vi è altresì la componente “chirurgica” ovvero sono attivate proprio per ridurre la credibilità di un testimone o di una parte offesa, inviare il chiaro messaggio estorsivo che recita “possiamo fare di te quel che vogliamo” e, soprattutto, cagionano una serie di meccanismi procedurali tali da inquinare una attività lavorativa rispetto che la gestione dei conti correnti fino ad una ampia serie di negative, immediate, complicanze tra perquisizioni e sequestri ove non anche un periodo di ingiusta carcerazione.

Dopo 2, 4, 5 ed anche 7 anni, quando l’inchiesta sarà conclusa o archiviata, a nulla servirà la dimostrazione della propria innocenza e l’artigianalità della genesi delle accuse; come a ben poco si giungerà con la richiesta di danni o di rivalsa nei modi previsti dall’ordinamento, sia per i lunghi tempi di giustizia che per le scafatezze di mestiere di chi saprà allungare il brodo ancora più in là.

Chi scrive ha collezionato un buon numero di false accuse e di procedimenti anomali, ultimi dei quali alcuni anni or sono con l’imputazione di violazione di segreto e di illecite intercettazioni. Accuse archiviate per la totale infondatezza della notizia di reato ma non si è mai compreso bene come furono generate, se non nella loro chiara chirurgia e, di danni, ne causaro molti all’epoca, oltre ad arricchire il “castelletto” delle notizie di polizia che saranno illecitamente divulgate per rinforzare la cultura del sospetto ed il pregiudizio sociale anche in assenza di condanne.

E’ un gioco vigliacco che ottiene i risultati a basso costo e, proprio il lungo periodo, aggrava ogni tentativo di togliersi in breve tempo quel terribile cappio dalla propria vita.

Vi è inoltre la sfera psicologica e relazionale che incide sui fattori di stress oltre alle dinamiche delle inchieste nei loro confini procedurali, inquinata dal tipo di accusa; ad iniziare dal dovere di tolleranza verso la frustrazione provata contro il senso di ingiustizia, contro la paura che nasce dalla chiara vulnerabilità fino alle difficili relazioni sociali familiari e talvolta sentimentali, che patiscono l’invasione di una mole di notizie di ogni tipo e da ogni fonte.

C’è chi si è ucciso o chi è “impazzito” a causa di tutto questo.

Poi mi chiedono le ragioni per le quali giro sempre con un alibi in tasca…

F.

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