in morte di Vincenzo Agostino…

Ci sono persone che hanno un linguaggio comunicativo importante nelle emozioni che ci donano per il solo essere ciò che hanno rappresentato con le loro scelte di vita di fronte alla sofferenza, alla mancanza di verità e di giustizia, alla denigrazione ed alla delegittimazione dei loro cari uccisi in modo brutale. Vincenzo Agostino ha saputo offrirci il suo dolore con la dignità di un padre che ha visto morire il figlio e la nuora incinta assassinati per ragioni che, nel nostro strano Paese, superano il solo atto mafioso ed ancora oggi se ne ricerca un motivo più ampio nei rigoli del marciume degli intrecci tra le fuoriuscite istituzionali e gli ambienti della criminalità organizzata.

E’ morto pochi giorni fa con la sua lunga barba bianca, simbolo di una lotta impari che non lo ha visto sconfitto ma solo andato via per quel tempo che la vita ci impone come limite massimo ad una esistenza fisica, lasciandoci lo spessore della sua capacità di pretenderla la verità, senza accontentarsi delle verosimilità giudiziarie e delle pacche sulle spalle del “così vanno le cose”. Le cose non debbono andare così, ci ha saputo dire con la sua caparbia postura di un uomo rassegnato alla perdita di un figlio, di una nuora e di un nipote mai nato ma non rassegnato a quell’andazzo fatto di ammicchi e di mezze parole, di mezzi busti tutti tronfi in un ruolo influente per poi scoprire che di quel ruolo hanno solo abusato per non scoprirla la verità e, allora, Vincenzo Agostino diventa per tutti noi un simbolo ancora più forte della sua barba e come tale dovremmo elevarlo al rango di esempio per ogni generazione, perchè quando la memoria è priva di ricordi non vi è memoria degna di rappresentare un passato che in realtà ci vincola tutti all’evento originale, rubandoci l’età e quel processo evolutivo durante il quale elaborare un lutto e, non, identificarsi nelle ragioni di una lotta per la verità.

Un evento senza ricordi appare così mai avvenuto, facile da dimenticare e questo accadrebbe se non fosse per chi, come Vincenzo Agostino, ha tentato di recuperare quei ricordi silenti fatti di ammicchi e di intese, di confini legulei e di sconfinati interessi convergenti, cercando la verità per riempire le lacune mnemoniche utili a trasformarsi in una pedagogica ragione di giustizia, oltre la lotta per la propria perdita. Perchè un omicidio mafioso ed una strage riguardano tutti noi e non solo i protagonisti e le vittime ma, invece, persistiamo a proiettare altrove l’impegno che richiede la libertà dai sistemi massomafiosi e dalle derive nello Stato, da alcuni definite deviazioni, un impegno che ci impone di essere presenti, non spettatori.

La ringrazio Signor Vincenzo…

F.