le ragioni delle mie ricerche nella ricerca delle mie ragioni…

Da quando anni fa il mio nome fu reso pubblico in qualche articolo di stampa nei tg ed in alcuni libri che parlano della tragedia del Moby Prince o della falange armata ne ho sentite di tutti i colori sul mio conto e con una narrativa sostanzialmente personalizzata in base alla fonte, indipendentemente se positiva o negativa e, per questo, scelsi nel 2007 di dare vita al Blog per pubblicare un confronto diretto senza filtri rappresantandomi come un soggetto di notizia e non solo un oggetto delle notizie.

Non è interessante la mia storia personale ma le dinamiche che l’hanno prodotta ed i meccanismi in forza dei quali si è protratta per tanti anni con le stesse metodiche basate sulla delegittimazione di una fonte testimoniale ed esperenziale su fatti oggetto di interesse giudiziario alcuni dei quali, ancora oggi, protagonisti di nuove indagini e del lavoro di più commissioni parlamentari d’inchiesta.

Nel 1984, non ancora 16enne, presentai la domanda di ammissione per il 58° corso sottufficiali dell’esercito e dopo aver superato tutte le selezioni psicoattitudinali e mediche sono stato arruolato alla SAS di Viterbo nel 1985, ancora infra16enne con il corso indicato, iniziando così una nuova vita lontano da Livorno, dalla famiglia di orgine e dal mondo in cui ero stato immerso fino al febbraio ’85.

Sulla mia, anomala, carriera militare parlerò in un successivo articolo, l’importante è comprendere che ero un militare fiero del ruolo e completamente cooptato nella mentalità ideologica del periodo, inoltre seppur minorenne impedito dal guidare una auto o votare, lo Stato mi aveva delegato la responsabilità dell’uso delle armi vere e con i colpi in canna al pari di tutti i colleghi ben più adulti e maturi di quanto lo fossi io, al netto della identificazione nella serietà del ruolo assunto che mi rendeva “senza età” restavo un adolescente in armi con le dinamiche evolutive della mia età.

Avevo due parenti di primo grado impiegati presso il settore militare dell’ambasciata americana di Roma, ogni tanto andavo a trovarli nella casa di famiglia e qualche volta anche nel loro ufficio, nel quale operavano al servizio dei militari statunitensi e tra questi coloro della Defense Intelligence Agency con cui strinsi delle amicizie e che mi inoltrarono nell’ambiente di Camp Darby quando rientravo a Livorno per qualche licenza. Mio zio e mio cugino erano autisti degli attachès e dei comandanti della sezione, pur avendo un vincolo di segretezza non erano per quanto ne sapevo degli operatori d’intelligence ma impiegati con un rapporto certamente fiduciario con la Difesa americana; quella mia frequentazione era nota anche ai colleghi di corso più stretti, ovvero coloro che come me desideravano la destinazione nei reparti paracadutisti, tanto che mi avvicinò un ufficiale “I” per saperne di più sul mio rapporto con gli americani, con il quale di tanto in tanto mi sarei poi confrontato.

Da quel periodo sono entrato in contatto con soggetti sia in forza nei vari reparti paracadutisti della Folgore, alcuni dei quali transitati al Rud o al Sismi, che con gli ambienti militari statunitensi, la carriera ebbe qualche intoppo ma raggiunsi dopo la SAS i reparti paracadutisti a Pisa e Livorno in cui la politicizzazione ideologica era forte e diffusa, quindi i reparti missilistici in Ravenna ove insorse una patologia al mio occhio destro che mi impose la scelta tra il declassamento o il congedo e nel gennaio-febbraio ’88 optai per la licenza illimitata in attesa di congedo.

Negli anni compresi tra il 1985 ed il 1988 sono stato sostanzialmente immerso in un perimetrale circuito delle ff.aa. italiane e americane, niente di spionistico ma riconducibile ai progetti in allora embrionali o più concreti di mutamento della situazione prevalentemente politica, anche con lo sviluppo della operazione falange armata alla quale dedico più articoli di questo Blog, premettendo che in alcune occasioni segnalai sia all’ufficiale “I” che al mio livello superiore ciò che consideravo essere una deriva oltre gli ordinari riferimenti al fascismo o al colpo di Stato che avevano il valore del semplice chiacchericcio di colleganza e, quelle segnalazioni suscitarono purtroppo delle reazioni.

Nel marzo del 1988 fui fatto prigioniero e come ho scritto in un precedente articolo ho patito un periodo di carcerazione da incensurato per un reato mai commesso e forse mai nemmeno accaduto, apparentemente estraneo agli ambienti militari ma si vedrà poi invece indirizzante proprio verso alcuni soggetti in servizio nei reparti e negli ambienti nei quali io stesso gravitavo.

Una volta tornato in libertà decisi di indagare in modo privato per ottenere le prove a mia discolpa, indirizzando le ricerche nel solo ambiente in cui ero cresciuto e nel quale lavoravo, ovvero quello militare, questo quando ancora non erano previste le indagini tecniche difensive perchè vigeva il vecchio codice prima della riforma, perciò ero un privato cittadino che indagava “abusivamente” negli ambienti militari in cui si celavano anche coloro aderenti ai progetti di quella  perimetrale realtà alla quale ho fatto accenno e che, con le mie ricerche del tutto personali ho inevitabilmente inciampato nel portarle avanti non senza ostacoli e difficoltà.

Questo è il prima ed il dopo della storia di Fabio Piselli, ormai a distanza di una quarantina di anni, l’inizio di una lunga battaglia con armi impari, come potranno evidenziare coloro che si interesseranno ai contenuti di questo Blog. Sono stato per molti anni denigrato, de-personalizzato e delegittimato ed avversato anche con i metodi delle false accuse, dimostrate tali ma solo dopo averne pagato le conseguenze, fino a quando avanti le autorità antimafia ed antiterrorismo ho potuto meglio articolare la mia storia e quanto ebbi a denunciare sin d’allora superando le diffidenze e la “incredibilità” che mi era stata cucita addosso.

Non ho mai ritenuto di avere delle verità dirimenti sui casi in cui a vario titolo il mio nome è citato, solo di aver compreso in tempi non sospetti ciò che oggi è meglio indagato, pagandone le conseguenze con l’isolamento da un lato e la delegittimazione dall’altro a colpi di abusi degli strumenti dell’ufficio di chi, “nello” Stato e non solo “dello” Stato, ha sfruttato la propria influenza ed il ruolo per tutelare degli interessi ben diversi da quelli di istituto.

Giunto al 2024, padre di 5 bambini e marito di una donna molto paziente, avrei sperato di poter scrivere la parola fine a tutto questo ma prendo atto che, nel nostro strano Paese, le indagini sui cosiddetti grandi casi assumono un valore trans-generazionale e temo che ci vorranno ancora altri anni prima di raggiugere la piena soddisfazione delle mie ragioni e il più importante valore di verità, per quegli eventi privi e privati di Giustizia…