una riflessione sul pericolo della rinascita dello spontaneismo armato…

Ero ancora alla Scuola Sottufficiali dell’Esercito negli anni ’80 quando fui accompagnato in una sede del Fronte della Gioventù romana da parte di un collega di qualche anno più grande di me, il quale aveva vissuto pienamente il periodo del terrorismo e le lotte tra i “ragazzini” che proprio a Roma rappresentavano i conflitti tra i neri ed i rossi, non sempre chiaramente identificabili nelle tante sigle delle organizzazioni dell’epoca. Conoscevo Roma perchè vi era nato mio padre e vi viveva la sorella gemella insieme al marito, dipendente storico dell’ambasciata statunitense ed ai figli, Fabio e Massimo, i miei cugini purtroppo scomparsi il cui nome lo ricorda mio figlio Fabio Massimo.

Questo collega era un militante del FdG, un fascista profondamente convinto mentre io sostanzialmente mi ero appena avvicinato alla ideologia politica destrorsa che caratterizzava l’ambiente in cui lavoravo, quello militare, con prevalenza nel settore formato da chi come me aspirava a raggiungere i reparti paracadutisti e, tra gli allievi del 58° corso sottufficiali, molti provenivano dalla esperienza della leva nella Folgore e dalla prima missione in Libano dell’82-84, tutti dichiaratamente di destra. Questo è stato per me, allora infradiciassettenne, un normale confronto quotidiano con una ideologia basata sui concetti di Patria, di Bandiera, di Onore e Fedeltà, di fratellanza, di riconoscimento coeso nel gruppo di parà, soprattutto quando poi sono riuscito a transitare alla Folgore, brevettarmi paracadutista militare e calzare il basco amaranto, obiettivo in quel periodo ambito e raggiunto con sacrifici e impegno.

Ricordo con chiarezza i confronti ed i discorsi che facevamo quando ci ritrovavamo tra colleghi dopo il servizio, oltre al salutarci con la stretta al polso o ricordare motti e gerghi del ventennio, discorsi pregnanti di un desiderio di una spinta autoritaria di profilo militare, di un colpo di Stato vero, di riflessioni sul cambiamento tra gli anni settanta e quelli ottanta, con la differenza che tra tutti ero quello più giovane, infatti nel corso degli anni di piombo sono passato dalle scuole elementari alle medie e, non, alle superiori da cui numerosi romani passarono alle organizzazioni politiche fino agli espisodi dello spontaneismo, anche armato.

Quella visita al FdG non mi piacque molto, troppo politicizzato e gerarchizzato, troppi vincoli di formazione a misura di una competenza del significato politico, troppe variabili che probabilmente la mia giovane età non consentiva di comprendere appieno ed inoltre appena risposi ad alcuni quesiti dicendo che mio padre era un antifascista e votava comunista le porte si chiusero ben presto, solo il fatto di avere dei parenti che lavoravano all’ambasciata americana, nel settore militare, suscitò qualche interesse.

Tornai alla SAS di Viterbo continuando a giocare al fascista insieme ai colleghi, quando raggiungevo Roma lo facevo solo per andare a trovare mio cugino Massimo in ambasciata nella quale fu assunto al termine del suo servizio di leva nei paracadutisti, purtroppo Fabio morì poco prima e gli zii cercavano di elaborare il lutto come potevano.

Fabio aveva il mio stesso nome e per quanto ci somigliavamo sembravamo due fratelli gemelli più che cugini, figli di due gemelli; paradossalmente senza saperlo avevamo scelto lo stesso sport, la Lotta Libera, amavamo le motociclette ed il viaggiare senza mete organizzate, quasi d’istinto, forse in preda a quella inquietudine giovanile sotto la spinta dell’intelligenza emotiva e di quella indipendenza che ci ha e mi ha sempre caratterizzato. Per questo i miei superiori ed alcuni colleghi mi hanno sempre ricordato come un ottimo soldato ma un pessimo militare.

Fu nelle mie frequentazioni negli ambienti Folgore e Camp Darby che nella seconda metà degli anni ottanta potei conoscere ed incontrare alcuni colleghi di ff.aa. già transitati chi al Rud chi al Sismi tra cui coloro che dal contenitore della Gladio percorsero quelle fuoriuscite rappresentate dalla embrionale operazione falange armata su cui pubblicherò degli articoli più dettagliati.

Fatta questa premessa ritorno alla attualità di un uomo adulto, padre di 5 figli, marito di una donna molto paziente ed attento osservatore della società e della politica, evidenziando così il rischio di una eventuale nuova espressione del cosidetto spontaneismo armato, visto appunto nella seconda metà degli anni ’70 con gravi conseguenze in termini di morti.

Negli anni di piombo lo spontaneismo era sostanzialmente destrutturato ed antisistema, caratterizzato proprio dalla scelta della violenza come arma ideologica di quella lotta contro non solo i nemici rossi ma anche contro i riferimenti neri, i quali apparivano aver mollato il senso della ideologia della guerra rivoluzionaria, in questo caso di destra, al prezzo del consenso politico da accaparrarsi anche dal bacino delle ff.oo. e delle ff.aa. invece viste come gendarmi di un sistema contro cui ribellarsi con, appunto, la lotta armata. Si presume quindi che coloro aderenti allo spontaneismo armato, come i NAR ad esempio su tutti, non avessero contatti con le istituzioni e con le amministrazioni di sicurezza e di polizia dello Stato, diversamente dal terrorismo nero invece più strutturato ma non ritengo questa ancora attuale affermazione verosimile, perchè ipotizzo invece una influenza da quegli ambienti dello Stato anche nei confronti dello spontaneismo, certamente non gerarchizzato ma presumibilmente eteroindotto verso un percorso spontaneo meno individuale di quanto si è voluto affermare e, lo scarso porne in discussione i meccanismi e le dinamiche ancora oggi vigente, non aiuta ad elaborare collettivamente quei tragici eventi ma, al contrario, rischia di trasformarsi in una fonte di ispirazione di un nuovo potenziale spontaneismo in tal senso.

Oggi il controllo della informazione, a portata di touch screen, è un’arma importantissima di propaganda e di proselitismo da cercare prevalentemente nel bacino della ignoranza e della frustrazione, non più in una sorta di “elitaria” gioventù comunque protesa a fare dottrina della propria ideologia articolandone i contenuti in modo più ampio e degno di discussione, per esempio nelle sedi delle organizzazioni politiche giovanili, bensì andando a rinforzare i motivi di rabbia individuale che scatenano una lotta apparentemente comune perchè coalizzata da una cooptazione spintanea più che spontanea verso un gruppo che si eregge a fronte di una nuova guerra rivoluzionaria, sia di destra che di sinistra per quanto a mio avviso si sono perdute le identità peculiari della identificazione di un tempo tra neri e tra rossi.

Quando eravamo giovani avevamo un confronto con la realtà delle strade, con i fatti degli scontri tra avversari politici, con la piena consapevolezza delle lateralizzazioni anche rappresentate da un gergo, da una postura, dall’abbigliamento o dal tipo di motorino vespa o motocicletta acquistata per riconoscere subito l’appartenenza fra i fasci e le zecche per usare dei termini allora comuni ed ancora oggi richiamati.

Io stesso per il solo indossare l’uniforme dei paracadutisti ero automaticamente etichettato come un fascista come, allo stesso modo, etichettavo chi indossava un abbigliamento tipico dei centri sociali o aveva un aspetto più trasandato rispetto alla barba fatta spalle dritte ed il petto gonfio, per cui la discriminante era presente e silente impedendo così anche un eventuale confronto tra persone e non solo lo scontro tra la personalizzazione delle ideologie.

Mi chiedo quindi quanto sia concreto il rischio di assistere di nuovo a degli eventi di sangue causati da un eventuale spontaneismo armato, da una nuova guerra rivoluzionaria contro un sistema che fatica esso stesso ad esserlo, tanto è in conflitto la politica nelle sue alleanze ed alternate cordate di governo degli ultimi decenni.

Dovremmo però sentirci sicuri oggi con la presenza di una maggioranza di governo stabile ed apparentemente compatta ma, proprio di fronte alla presunta compatezza e stabilità di un governo chiaramente di destra, vi è il rischio delle ribellioni spontanee da parte di chi si sentirà tradito o abbandonato da questa politica, fortunatamente ispirata solo ad una radice fascitoide più che realmente fascista.

Un governo chiaro che raggiunge il potere con il supporto del consenso dei liberi votanti promette chiari programmi che, se non mantenuti, delusi o addirittura cancellati per aderire al gioco delle alleanze o delle geostrategie, rappresenta altrettanto chiaramente il disegno di un tradimento del governo degli ideali e delle ideologie originali. Tradimento così percepito e da non sottovalutare nella sua interpretazione nella mentalità di coloro che sceglieranno la violenza come affermazione della propria lotta, violenza identitaria e non più strumento di lotta contrapposta.

Osservo per questo con estrema attenzione non tanto e non solo quelle formazioni dell’ultradestra sostanzialmente già note ma le fuoriuscite ancora più ultra che andranno a formare il rischio di un nuovo spontaneismo armato il quale, come in passato, non potrà mai essere indipendente da una influenza proveniente dalle infilitrazioni istituzionali o paramilitari. Osservando non solo a destra, ove il rischio di una militarizzazione del dissenso è più grande, ma anche a sinistra tra i rigurgiti di una finta lotta di popolo e di una reale esplosione di un vero popolo oppresso dai problemi pratici della vita quotidiana.

Vi sono, inoltre, gli aspetti “extraterritoriali” da valutare come il disagio di coloro che sono sostanzialmente degli stranieri in Patria, generazioni di extracomunitari nati e cresciuti in Italia ma mai diventati italiani o chi vive da decenni in una sostanziale clandestinità non latitante, con dei diritti a scartamento ridotto e con una spinta non solo proveniente dall’intolleranza ma sia di natura ideologica (sociale) che identitaria (religiosa) con tutte le derive e le influenze che possono arricchire una spinta destabilizzante proveniente anche da quella fetta di società che soddisfa sia le ideologie destrorse che di sinistra oltre che di autonoma organizzazione.

Lo spontaneismo armato è a mio umile avviso l’attuale risorsa anche di coloro più anziani che non hanno saputo concretizzare i sogni di un colpo di Stato, per quanto le stragi del’92-’93 hanno avuto dei connotati in tal senso uniti alla operazione falange armata, su cui investono offrendo alle nuove generazioni dei vecchi ideali e quei fregi identitari utili a cooptarli all’interno di un apparente spontaneismo, invece ancora una volta eteroindotto.

la strage di Bologna e non solo quella ci ricorda che dobbiamo imparare a porci in discussione, imparando a conoscere la storia, senza cambiarla in base ai desiderata politici del governo di turno.

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