la guerra che non spiego ai miei figli…

Non occorre essere dei veterani di qualche guerra, inquadrati o meno negli eserciti regolari, per definirsi testimoni di ciò che accade durante un conflitto e dei risultati di, tutte, le guerre.

Si può essere stati in zone di guerra perchè militari o miliziani combattenti oppure di interposizione per una futura Pace, perchè giornalisti o consulenti di qualche reparto o per altre diverse ragioni utili però al confronto diretto con le battaglie, con la situazione dei civili e con le distruzioni materiali umane e psicologiche che ogni maledetta guerra rappresenta.

Le guerre hanno nei loro meccanismi bellici le stesse identiche dinamiche indipendentemente dalla regioni di un conflitto, dopo il primo colpo sparato ed i primi morti tutto assume il valore di teatro situazionale ed il protagonista principale è la sopravvivenza individuale sommata a quei valori che proprio in battaglia spesso si evidenziano, come il coraggio, l’altruismo, la fratellanza, la generosità e l’eroismo dell’ardimento.

Una delle immagini che più ricordo con piacere e con tristezza allo stesso tempo, è quella di una coppia di anziani durante un tragitto in bus all’interno della ex Jugoslavia nei primi anni novanta, mezzi adibiti alla evacuazione delle popolazioni e lo facevano scaglionando le famiglie per evitare che potessero restare uccisi tutti insieme, su mezzi diversi perciò, per questo osservai un anziano uomo guardare con gli occhi pieni di amore la moglie mentre stava salendo a bordo di un camion perchè i bus non bastavano più, alla quale donò un datato uovo sodo nel momento in cui non erano rimaste nemmeno le radici delle erbacce a terra dalla distruzione che c’era. Un uovo valeva soldi al mercato della fame e quel gesto ha rappresentato il valore dell’umanità che, invece, si rischia di perdere proprio a causa dello stimolo verso una de-umanizzazione generale dei cadaveri degli uccisi civili e militari, fino alla rassegnazione delle proprie emozioni racchiuse in una bolla di apatia utile a esorcizzare la morte stessa.

Questa è sostanzialmente la guerra, sangue, feci, cadaveri in putrefazione, cani gatti e topi da banchetto per poi diventare prede da mangiare, denigrazione dei nemici uccisi ed enfatizzazione motivazionale dei propri uomini, politica ipocrita di una pace armata fino alle proteste di chi le guerre le ha viste, vissute e patite e cerca di sensibilizzare la società civile a non cadere mai più in questa trappola e molti sono i veterani tra questi.

Tutto il resto rappresenta il prima ed il dopo una guerra, una politica d’aggressione da giustificare con vantati diritti storici o geostrategici ed una politica di difesa che si trasforma essa stessa nelle molte opportunità geostrategiche per i paesi che supporteranno gli aggrediti, generalmente quelli da cui sfruttare delle risorse o investirvi nel ricostruire dopo la fine dei conflitti.

La guerra dobbiamo vederla per quello che è senza bandiere o schieramenti, ovvero giovani generazioni che combattono e si massacrano perchè sono costretti a farlo al netto dei patologici delle guerre, dei banditi sempre corteggiati dalle intelligence e di chi preferisce fuggire per non uccidere. La guerra coopta la ferocia che è in noi perchè più si è feroci in guerra più si sopravvive, per questa ragione la de-umanizzazione è il primo meccanismo difensivo che attiviamo dal quale si sviluppano gli orrori visti in ogni guerra come i brutali massacri di innocenti, gli stupri, le deportazioni, la ricerca dello sterminio del nemico combattente, senza nemmeno più gli onori e la gloria del passato se non in quei reparti più arditi o votati operativamente all’elevato rischio di morire combattendo, da arditi eroi quindi.

Questa è la guerra che non spiego ai miei figli, investendo invece nelle emozioni della Pace.

Ogni guerra è una fucina di traumi difficilmente elaborabili che perdureranno per anni ed anni, costringendo in alcuni casi chi li subisce a tornare in guerra per allearsi alla sofferenza che prova, finendo nella ampia schiera dei patologici della guerra.

Vi sono fortunatamente anche coloro che il dolore lo trasformano in una vera missione di Pace, fatta di esempi vissuti e non di truppe di interposizione, fatta di persone che con i loro traumi fisici emotivi relazionali e psicologici ci dicono che cosa sia realmente una guerra, in cui muoriamo tutti e l’unica opportunità per resuscitare in una nuova vita è la Pace, il distacco totale dalle armi e dalle guerre e l’impegno a creare una convivenza priva di prevaricazioni ad iniziare dal vicino di casa, senza sperare in quelle politiche troppo grandi per tutti.

Si vis pacem, para bellum è ormai solo una grande anacronistica scusa per giustificare le spese militari, in una epoca in cui potremmo paradossalmente fare la guerra senza uccidere nessuno ed invece assistiamo ai tanti massacri di gente di ogni lingua provenienza e colore, perchè la razza è unica per tutti noi, quella umana.

La Pace è una cosa seria per essere delegata alla sola politica, è necessario attivarci come persone singole parte di una comunità di esseri umani sotto lo stesso tetto del mondo, ed invece persistiamo nell’essere vittime anche della nostra stessa intolleranza.

La Pace è una emozione, una scelta di vita, non una situazione di perenne conflitto latente…

F.